La maggior parte dei resti delle case costruite dalle genti che vissero in Friuli tra l’alta pianura e la linea delle risorgive prima dell’arrivo dei Romani è stata rinvenuta all’interno dei castellieri, insediamenti arginati ben riconoscibili e individuabili nei quali si sono concentrate le ricerche negli ultimi decenni.
Le tracce degli edifici isolati o raggruppati in piccoli nuclei sparsi sono invece poche anche se significative. Il loro ritrovamento, del tutto casuale, è dovuto il più delle volte a scavi eseguiti nel corso di lavori di pubblica utilità come la posa in opera di tubature, la sistemazione di strade o l’apertura di canali.
A partire dall’Eneolitico fino alla prima età del ferro la forma delle abitazioni più spesso attestata è quella quadrangolare, peraltro non mancano testimonianze di case con pianta ellissoidale o più complesse. La posizione delle porte d’ingresso probabilmente dipendeva da diversi fattori: dalla necessità di proteggersi dalle intemperie o dall’esigenza di accedere direttamente alle zone esterne in cui si svolgevano svariati lavori (fabbricazione di vasi di argilla, macellazione, lavorazione del pellame…).
Le dimensioni della maggior parte delle case rinvenute sono comprese tra due misure di grandezza: le più ampie misurano circa 11 x 5 m, le più piccole 5,5 x 5-6 m. Lo spazio interno era il più delle volte costituito da un’unica stanza. Vi si trovavano un focolare, delle riserve di cibo, del mobilio su cui erano sistemati i contenitori di ceramica e legno, le ceste, gli attrezzi e gli utensili, pelli e stoffe. Sono state ritrovate anche tracce di capanne articolate in due o tre ambienti separati da leggere pareti divisorie.
Per quel che riguarda il materiale adoperato per l’edilizia, per tutto il corso della protostoria, nella pianura friulana le case furono costruite solo con l’impiego di terra e legno. L’uso di terreno argilloso e di legno ricavato dai boschi che si estendevano in alcune zone della pianura comportava numerosi vantaggi. La terra poteva essere plasmata e utilizzata secondo le esigenze del caso: usata come rivestimento essa permetteva di ottenere case che, se costruite con determinati accorgimenti, erano resistenti e durature, ben isolate, in grado di non disperdere il calore.
La struttura portante dell’abitazione era in genere formata da pali di legno robusto e durevole, come quello della quercia o dell’olmo. I pali erano sistemati lungo il perimetro dell’edificio ed erano conficcati direttamente nel suolo dentro buche semplici mediante battitura o rinzeppati in buche precedentemente scavate, dentro canalette o alloggiati in travi orizzontali. Ai pali verticali erano fissate, per mezzo di incastri e corde – in regione l’uso dei chiodi metallici nell’edilizia si diffuse solo a partire dall’epoca romana –, le travi orizzontali che sorreggevano il tetto.
Per proteggere le superfici esterne delle pareti era consuetudine intonacarle con un impasto di limo fine e incastonarvi sassi e cocci per frenare il flusso dell’acqua piovana. I tetti, infine, dovevano avere spioventi molto larghi. In alcuni casi erano probabilmente così ampi da toccare quasi il suolo. Nel caso in cui si fossero presentati dei problemi (crepe, comparsa di muffe o incrostazioni, caduta di parte dell’intonaco) era comunque possibile intervenire e restaurare facilmente il danno.
La terra non era impiegata solo per innalzare pareti. Il pavimento delle abitazioni era in limo argilloso battuto. Il focolare, che era in genere quadrangolare, era formato da una piattaforma di ciottoli o di cocci legati tra di loro e ricoperti ancora una volta da limo.
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